Il ritorno del processo alla carta.

E’ di oggi la notizia dell’approvazione della legge delega che porterà ad una completa riforma del Giudice di Pace, della quale sembra imminente la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e quindi la conseguente entrata in vigore.

Avrete avuto modo di leggere sulle varie riviste online i punti salienti della riforma che toccano la competenza per valore e quella funzionale; il sistema di arruolamento e tutta la parte amministrativa della nuova figura di magistrato onorario che sarà il GOP.

Voglio condividere quindi alcune personalissime impressioni, così… a caldo, con tutta l’approssimazione dovuta al fatto di non aver ancora approfondito la portata della riforma nella sua interezza. Mi scuso anticipatamente per tutto ciò, ma vorrei sollecitare un dibattito chiarificatore con chi mi legge, che magari mi correggerà ed illuminerà.

Personalmente ritengo che l’innalzamento della competenza per valore ai limiti di 30.000/50.000 significhi lo spostamento verso il GOP di circa il 40% del contenzioso attualmente gestito dal Tribunale, percentuale che potrebbe essere anche superiore ove si consideri l’ampliamento della competenze funzionali in materia di esecuzione forzata, condominio ecc.
Quindi una massa importante di cause verrà dirottata verso un ufficio giudiziario privo di alcuna interazione col PCT, e peraltro recentemente interessato da una massiccia opera di revisione della cd. “geografia giudiziaria”.

Qual’è il senso? Quale può essere la logica, l’utilità, dopo tutti i costi, in denaro, studio, formazione, istruzione del personale, ammodernamento tecnologico, che ha interessato in questi ultimi anni, da un lato il ministero, ma dall’altro – e soprattutto – gli avvocati, i consulenti tecnici e gli altri ausiliari del giudice?

Qual’è il senso di un tale ritorno alla carta che appare assolutamente contrastante con la volontà di accelerare e migliorare l’efficienza del sistema giustizia mediante la digitalizzazione, peraltro confermata ed implementata dalla sua estensione anche al PAT (processo amministrativo telematico) che partirà a luglio 2016 e al PTT (processo tributario telematico) che muove i primi sperimentali passi proprio nella nostra Toscana?

Qual’è il senso di demandare a uffici privi di qualsiasi imminente possibilità di ingresso nel circuito telematico, una così imponente massa di contenzioso quando dall’altra parte, per esigenze di ragionevole durata del processo (i fatidici 500 giorni di durata media) si stanno per apportare ulteriori importanti modifiche al codice di procedura civile, inserendole nell’ennesima imminente riforma della legge fallimentare, con ciò anticipando quella che doveva essere una riforma organica del processo civile a compimento del lavoro svolto dalla Commissione Berruti, con tanto di testo unico del PCT?
Non oso pensare alle ore che ci toccherà spendere per risolvere le inevitabili problematiche di raccordo con le norme esistenti – e con quelle che poi verranno – anche solo per determinare il momento esatto dell’entrata in vigore ed il loro rapporto con le cause pendenti. Mi vengono francamente i brividi.

Non capisco come si possa sperare di conciliare le esigenze di accelerare la definizione dei processi affidandoli a magistrati onorari pagati – poco – solo quando pubblicano una sentenza, ma – soprattutto – a udienza. Mi viene in mente un vecchio antipatico adagio “processo che pende… processo che rende!” che, da molti anni sembrava morto e sepolto.

Cosa dire poi ai colleghi operanti in distretti nei quali gli uffici del Giudice di Pace sono stati chiusi, i quali, in assenza di una possibilità di interazione telematica col GOP, dovranno necessariamente armarsi e partire verso le più centrali, ma sicuramente maggiormente distanti, nuove strutture territorialmente competenti.

A fronte del possibile scenario da Day After che ho sopra delineato, ho avuto modo di leggere in questi giorni, la positiva azione del CNF, nella persona del Presidente, sul problema delle miserrime competenze degli avvocati di Equitalia. Non me ne vogliano quei Colleghi se giudico l’intervento non solo estraneo alle funzioni del Consiglio Nazionale Forense, ma assolutamente fuorviante. Ritengo che, a conti fatti, potranno smettere di far la spesa al discount e forse permettersi la ben più lussuosa grande distribuzione, ma ritengo anche che ciò non possa costituire una risposta veramente efficace nè ai loro personali problemi, nè a quelli che preoccupano ed angustiano la nostra bella, maledetta e irrinunciabile professione.

Sbaglio a pensare che le energie del CNF potevano forse – con maggior efficacia e miglior rispetto delle funzioni istituzionali ad esso demandate – essere indirizzate ad intervenire sulla riforma del Giudice di Pace? Peraltro nessuna informazione mi sembra sia stata pubblicata su “Il Dubbio” che magari, come giornale edito proprio dal CNF qualche commento avrebbe potuto farlo. Ma forse l’azione di “bannamento” dei commenti indesiderati, che molti colleghi stanno recentemente denunziando, ha lasciato poco tempo per occuparsene. D’altronde il nostro è un paese che ha sempre amato i Masaniello, mentre non pare aver mai compreso Voltaire (che proprio il “dubbio” e la ragione aveva innalzato a religione civile).

Tengo a sottolineare che quanto ho scritto è frutto di considerazioni assolutamente personali, non preventivamente condivise, fatte proprie, nè ancor meno discusse con i Colleghi ed amici del Sindacato Avvocati di Firenze e Toscana, della cui ospitalità mi sono vergognosamente approfittato, ma spero vivamente con queste poche righe di dare spunto ad una riflessione, un dibattito, una critica che vada oltre la mera, consueta e bovina lamentatio, ed a cui mi auguro contribuiscano TUTTI gli appartenenti al Foro, indipendentemente dalla loro affiliazione associativa.
Il Sindacato, as usual, offrirà la possibilità di un’analisi organica e ponderata ed un’azione concreta anche su questa nuova vicissitudine professionale ed umana.

Un caro saluto a tutti.

Avv. Paolo Assirelli