Esattamente un anno fa, il 27 agosto del 2020, moriva l’avvocata Ebru Timtik.

Una sua gigantografia fu esposta su una parete dall’edificio del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Istanbul. Quel “gesto” fu condannato dal Ministro dell’Interno della Turchia come atto di terrorismo da parte dell’avvocatura.

La nostra Collega ci ha lasciato come testamento un’eredità impegnativa: interrogarci sul ruolo dell’avvocatura nella difesa dei diritti e quindi dello stato di diritto. Un ruolo di cui a volte non ci rendiamo conto, assorbiti come siamo dalle scadenze professionali e dall’attuale crisi economica, professionale ed anche identitaria della categoria.

Nel frattempo il vulnus dei diritti, come i virus, non si ferma alle frontiere. Sono strumenti degradabili, compromissibili, invasivi che si sperimentano sulla società civile come dentro a un laboratorio.

Tutelarne l’attuazione è un lusso che può essere messo da parte? Anche perché la democrazia non si esporta necessariamente con il progresso e non riguarda solo la Turchia, un paese che, non dimentichiamolo, ha aderito alla Cedu e alla Convenzione Europea dei Diritti dell’ Uomo e nei cui confronti anche l’Italia ha un obbligo morale ma soprattutto costituzionale di tutelarne le violazioni.

Il potere – com’è noto – non si ferma alle frontiere. Il potere è il nemico del dissenso. Deve essere incanalato in confini democratici altrimenti si allarga e li oltrepassa, svilendoli. Gli esperimenti di compressione dei diritti e di mutazione delle libertà fondamentali ci mettono alla prova continuamente, se attecchiscono e si diffondono si possono anche “importare”.

Pensavamo di poter effettuare una congiunzione e una cucitura, tra i bordi dell’Europa e dell’Asia, attraverso la diffusione dei diritti conquistati – a caro prezzo – da questa parte dell’Europa. Al contrario, stanno invece entrando, se non formiamo un argine, le violazioni e le estremizzazioni.

Polonia, Ungheria ed altri stati europei le stanno acquisendo tutte.

Appare chiaro che quando il difensore diventa la prima figura istituzionale contro cui si scaglia il potere – che si concretizza nella negazione dei diritti dei cittadini, nello snaturamento del processo, nella compressione del ruolo dell’avvocato fino a minacciarlo e lederlo fisicamente – i diritti diventano carta straccia.

E’ proprio lì che dobbiamo sentire di essere avvocati in Costituzione e lo sentiamo e lo siamo veramente  soprattutto quando viene violata la Costituzione, formale e sostanziale, di ogni paese democratico.

Solo un’avvocatura libera, indipendente e consapevole, può affrontare i meccanismi eversivi e di torsione democratica. E mentre si discute di contaminazioni di razze e religioni la rotta giusta è quella di evitare, non inseguire, invece, la contaminazione dei diritti.

IL SINDACATO DEGLI AVVOCATI DI FIRENZE E TOSCANA