Care Colleghe e cari Colleghi,

con l’inquietudine del caso, vogliamo mettervi sull’avviso rispetto ai prodotti assicurativi che, massicciamente, si stanno diffondendo nel “mercato” degli avvocati per garantire l’adempimento dell’obbligo assicurativo per la R.C. professionale introdotto, dapprima ed in generale per le libere professioni “ordinistiche”, dal D.L. 133/2011, poi, per gli avvocati, dall’art. 12 della L. 247/2012 e dal successivo decreto attuativo del Ministero della Giustizia del 22/9/2016.
Lo slittamento di trenta giorni disposto, per l’effettività dell’obbligo assicurativo, dal D.M. pubblicato lo scorso 11 ottobre, può consentirvi di valutare attentamente le offerte di polizze sulla scorta dei nostri avvertimenti.

Qualche necessario chiarimento preliminare.

a) Il decreto del 22/9/2016 prevede all’art. 2 ed al primo comma, oltre all’ultrattività decennale “per gli avvocati che cessano l’attività nel periodo di vigenza della polizza”, la “retroattività illimitata”, condizione imprescindibile per l’operatività delle polizze cd. “claims made”, di derivazione anglosassone, nelle quali per “sinistro” si intende la richiesta di risarcimento pervenuta per la prima volta all’assicurato, a prescindere, cioè, dal momento in cui il professionista commette l’errore dal quale deriva il danno al cliente, errore che può risalire indietro nel tempo anche di molti anni.
Nulla di male e nulla di strano, anzi: questo modello assicurativo – che si contrappone al “loss occurrence” che, invece, come chiarisce al primo comma l’art. 1917 cod. civ., prevede la copertura assicurativa per una condotta colposa posta in essere nel periodo di validità della polizza, anche se il danno si consoliderà successivamente – è stato pensato proprio per le prestazioni d’opera di natura intellettuale, nelle quali fra la condotta colposa e il verificarsi del danno (e la consapevolezza da parte del cliente del nesso di causalità fra errore e danno) – anche in considerazione del fatto che, nella prevalente maggioranza dei casi, la prestazione intellettuale integra un’obbligazioni di mezzi e non di risultato – passa normalmente molto tempo;
b) il medesimo decreto del 22/9/2016 prevede, all’art. 2 ed al secondo comma, che l’assicurazione deve contenere clausole che escludano espressamente il diritto di recesso dell’assicuratore dal contratto a seguito della denuncia di un sinistro o del suo risarcimento, “nel corso di durata dello stesso o del periodo di ultrattività”, con ciò impedendo le tipiche tutele dell’assicuratore, di fonte legale o negoziale, per i casi di aggravamento del rischio assicurato.

E’ superfluo ricordarvi che l’obbligo degli avvocati di stipulare polizze per la RC professionale corrisponde – e solo per la RC professionale, non certo per quella “infortuni” – ad una chiara ed avvertita esigenza di sicurezza sociale, di tutela, cioè, di tutti gli utenti dei servizi professionali garantiti, giudizialmente o stragiudizialmente, dagli avvocati.
Ma da questa evidente ratio la normativa primaria e secondaria introdotta a nostro carico non ha inteso trarre le dovute conseguenze, non essendo stato previsto, come fu per la legge che introdusse la R.C. auto obbligatoria, né un obbligo a contrarre a carico delle compagnie assicurative, né la costituzione di un Fondo di Garanzia.

Fatta la legge, trovato l’inganno!

I Broker e gli agenti assicurativi stanno pressantemente e massicciamente proponendo agli avvocati polizze “claims made”, formalmente aderenti al dettato di cui al D.M. 22/9/2016, ma della durata di un anno e con espressa esclusione del tacito rinnovo alla scadenza in assenza di disdetta!
Inoltre, tutte le C.G. di tali polizze, nel prevedere, secondo il modello “claims made”, che la copertura assicurativa operi per la richiesta di risarcimento in qualsiasi modo pervenuta all’assicurato durante il periodo di validità della polizza, prevedono, fra le ipotesi di esclusione della copertura assicurativa, alcuni “purché”, fra i quali la circostanza che l’assicurato non potesse in qualsiasi modo prevedere che una sua condotta posta in essere anteriormente, cioè nella “retroattività illimitata”, avrebbe determinato la richiesta risarcitoria.

Qualche conseguenza che può derivare dalla stipula di siffatte polizze?

Presto detto:

1) non sempre l’avvocato può rendersi conto di un errore professionale e, comunque, può ritenere –anche solo perché “habent sua sidera lites” – che il suo errore possa rimanere ininfluente rispetto all’esito del giudizio.
Alla cessazione della polizza annuale ed in occasione della stipula della nuova gli verrà sottoposto un questionario nel quale dichiarare l’esistenza di condotte potenzialmente foriere di richieste risarcitorie.
Se non dichiarerà nulla (anche in buona fede, ove non si sia reso conto dell’errore), quando, l’anno successivo, gli arriverà la richiesta risarcitoria, l’assicurazione verificherà che, nel questionario sottoscritto in occasione della polizza per l’anno successivo a quello della condotta colposa contestatagli dal cliente, l’avvocato non aveva segnalato l’errore e gli formulerà l’eccezione contrattuale ex art. 1892 cod. civ., negandogli la copertura.
2) Diversamente, laddove l’avvocato abbia diligentemente indicato nel questionario la condotta colposa – che potrebbe anche non determinare una futura richiesta risarcitoria – potrebbero verificarsi le quattro sotto indicate ed alternative conseguenze:
a – la compagnia potrebbe rifiutarsi di stipulare una nuova polizza, cosa che le è consentito in assenza di un obbligo a contrarre;
b – la compagnia si offrirà di stipulare una nuova polizza alle medesime condizioni, escludendo però dalla copertura l’eventuale richiesta di risarcimento derivante dalla condotta evidenziata, rispetto alla quale, quindi, l’avvocato rimarrà “scoperto”, con chiara elusione della funzione di garanzia dell’assicurazione se, ovviamente, perverrà la richiesta risarcitoria;
c – la compagnia si offrirà di stipulare una nuova polizza che garantirà anche il rischio conseguente all’errore comunicato ma ad un premio esoso da corrispondere per l’assicurato, premio che, stante l’obbligo a suo carico e le conseguenze deontologiche previste per l’inadempimento, l’avvocato sarà costretto a corrispondere e che la compagnia incasserà senza, magari, che la richiesta risarcitoria perverrà mai;
d – la compagnia si offrirà di stipulare una nuova polizza che garantirà anche il rischio conseguente all’errore comunicato ma ad un premio, oltre che esoso, insostenibile per l’assicurato che, sempre per l’obbligo a suo carico, sarà costretto a sottoscrivere una polizza alle condizioni di cui al precedente punto b).

È quindi il caso di invitarvi tutti ad adottare il noto motto scout: ESTOTE PARATI!

 

Il Sindacato degli Avvocati di Firenze e Toscana*

 

P.S. Sappiamo bene che la giurisprudenza ha acceso il proprio focus sul modello claims made, con una pronuncia a Sezioni Unite del 2016 e con una successiva sentenza della scorsa primavera, così come siamo certi che anche la futura giurisprudenza, anche di merito, saprà “regolare” i contenziosi che la diffusione di tali polizze determinerà, con buona pace delle tante decantate politiche deflattive del contenzioso giudiziario civile.
Ma il contenzioso giudiziario non può certo ovviare, ex post, ad una fisiologica-patologia – ci si consenta l’ossimoro – di carattere sistemico, conseguenza del combinato disposto fra i grandi numeri della platea (giustamente) obbligata alla stipula dell’assicurazione e le aporie che connotano la normativa che ha introdotto l’obbligo.
Confidiamo, pertanto, che le Rappresentanze nazionali dell’Avvocatura possano e sappiano rappresentare urgentemente al legislatore la necessità di un rapido intervento che…tappi le falle del sistema!

 

* Si ringraziano per il prezioso contributo nell’elaborazione del documento i colleghi del Sindacato Avvocati, Avv. Antonio Riga, Avv. Marco Ferrero ed Avv. Margherita Pala.